Vivo e lavoro in Ortigia. Mi sono chiesta spesso, in momenti in cui l'abbandono nel quale quest'isola luminosa e bellissima si fa più evidente, se potrei vivere e lavorare lontano da qui. Ma credo che questi palazzi, queste chiese, queste facciate siano in qualche modo e per qualche via misteriosa, anche nelle cose che io creo. Barocche, sì, barocche, le ha definite un giovane pittore scozzese venuto per alcuni mesi a vivere e lavorare in Ortigia.

Io lavoro le stoffe. Tutte le stoffe. Le vecchie, le nuove, le usate, anche quelle maltrattate dal tempo su cui ricamo con accanimento e passione. Prediligo le coperte antiche, o anche solo vecchie perché mi parlano della vita delle donne. Una vita difficile ma anche illuminata e percorsa da momenti di gioia. Un momento d'amore, una nascita, un momento in cui il letto diventa consolazione e rifugio. Mi piace guardare le stoffe, toccarle e poi immaginarle, composte e ricomposte, come se ogni piccolo pezzo possa e debba rivivere dentro un disegno più complesso e armonioso che unisca tutte le gioie e le sofferenze e le ricomponga, finalmente.

So che ho scelto le stoffe perché in un momento in cui la mia vita era così ingombrata dalla quotidianità e dai bisogni degli altri dovevo trovare uno spazio, il mio spazio. E invece di qualcosa di eclatante e pretenzioso, qualcosa di umile, ma nello stesso tempo di duttile, di morbido, da recuperare, da continuare e fare ancora vivere. La gonna di mia figlia, la camicia di mio marito, una stoffa regalatami da una mia amica.